mercoledì 16 marzo 2016

Samarcanda un anno dopo...





Questo viaggio per me e  la mia moto in particolare  è stato molto di più di un semplice viaggiare alla scoperta di culture e posti nuovi. E’ stata una rivincita a quanto capitato l'anno scorso, un modo per scacciare i fantasmi e le paure.  Per riprendere confidenza con la moto ci sono voluti ben più di 2000  km.
Il viaggio in sé non è un’ impresa titanica o chissà  che: è un "giretto" che fanno molte persone e con i mezzi più svariati, biciclette comprese! 
  Addirittura, si narra che, tanti anni fa,  con successo, un certo Marco Polo sia partito da Venezia a cavallo per raggiungere l’Oriente.

Alla fine del racconto troverete un tot di consigli, un elenco di documenti utili, il road book e l'elenco delle spese, spero siano utili.


   Dopo le traversie che  passate, mi sembrava doveroso aprire con queste due foto.

 

 





Per raccontare nei dettagli  l'avventura sul il blog ci vorrebbero capacità letterarie che non ho. Ma  ci provo e cercherò di essere breve e chiaro ma bisogna, però, tornare ad un anno fa.
  Il 25 aprile 2014, dopo sei  mesi di preparativi, partivamo alla volta di Samarcanda.  L'idea era nata da una idea lanciato dall'amico e collega Emanuele.  Stavo per partire per il Marocco con la mia compagna Patrizia e una mattina,   durante il cambio turno in caserma,  il "fetente" mi dice ridendo: "ma un caffè a Samarcanda?"
Ho avuto venticinque giorni di tempo, mentre eravamo in giro per il Marocco, per far sì che il germe dell’idea diventasse un albero dove ha proliferato una famiglia di "scimmie". Non solo; sulla via del ritorno dal Marocco ho conosciuto Luca, un ragazzo di Roma e  anche lui è rimasto contagiato dal progetto.
  Al ritorno a casa abbiamo iniziato a parlarne tra noi, sempre più seriamente, rivolgendoci anche ad altri amici motociclisti che in Asia già erano stati, uno su tutti Antonio Femia, in arte "Totò le motò
Durante le ricerche anche un altro amico è rimasto invischiato nella storia, Leonardo Scudella, anche se, alla fine ha dovuto rinunciare entrambe le volte. Sta di fatto che  una semplice idea è diventata una concreta realtà.

Dopo aver pianificato il percorso e ottenuti i visti necessari, il 25 aprile siamo partiti. Poi come è andata a finire lo sanno in parecchi ormai;  qui ci sono il racconto e le foto! 
Sono occorsi parecchi mesi e tanta fisioterapia per rimettermi” in piedi” decentemente.
Durante la convalescenza ho cercato tutti i pezzi necessari per aggiustare la mia "Cicciona", anche contro i pareri di qualche amico che mi consigliava di buttarla. 

 La foto è stata fatta dopo aver smontato i pezzi da sostituire, non era così malconcia eh?! 


Mentre Patrizia, suo nipote Federico e un paio di amici,  smontavano, io me ne stavo sulla sedia a rotelle facendo foto e stappando birre! :-) 

Alla fine il risultato mi ha dato ragione e la cicciona è tornata in vita come la Fenice! 



Ma veniamo alla nuova partenza che per "ovvie" ragioni è stata sempre da Assisi....





1 Maggio partenza


Già dallo scorso anno dovevamo portare una lettera -Messaggio di Pace da parte del sindaco di Assisi  dott. Claudio Ricci, al sindaco di Samarcanda dott. Akbar Shukurov e una copia al Curatore del Museo della Pace di Samarcanda.   Quest'anno abbiamo aggiunto anche il Gemellaggio con i Pompieri della città di Tamerlano. Il capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ing. Giomi,  ci ha preparato una targa e una lettera da consegnare al locale Comandante dei Pompieri.



Questa volta, per scaramanzia, Luca è andato direttamente ad Ancona, Emanuele ed io,  dopo la benedizione, abbiamo salutato il nostro Comandante, ing. Marco Frezza, siamo partiti in direzione  Casa Castalda dove ad attenderci c'era il Sindaco di Valfabbrica il quale ci ha consegnato nove  stelle ricavate dal legno di gelso e di ulivo delle piante dei frati francescani, ideate e realizzate da Gianfranco Ghibelli, un artista locale                    



La tappa successiva è stata Ancona  da dove, ricongiuntici con Luca, ci siamo imbarcati .

  La traversata è stata tranquilla, mare piatto e traghetto non troppo affollato. Abbiamo trovato posto in una delle sale- poltrone dove abbiamo bivaccato a terra nei nostri sacchi a pelo.  Preludio di quello che avremmo fatto di lìa qualche giorno durante il viaggio.

L'indomani, sbarco veloce a Igoumenitsa e partenza immediata in direzione del confine con la Turchia. La strada che abbiamo percorso per attraversare la Grecia è una quattro  corsie perfettamente asfaltata; ma per fare rifornimento si era costretti ad uscire dall'autostrada.




In serata avremmo potuto  essere tranquillamente in Turchia ma, a causa del ritardo accumulato dal traghetto e per la pioggia, ci siamo fermati ad Alexandropolis a 100 km. dal confine.
L'albergo lo abbiamo trovato  grazie al navigatore; non è che manchino gli alberghi. Solo per la comodità,  in genere quelli in elenco sono economici e ci ha portato fin davanti la porta di ingresso.


Nella fretta di scendere dalla moto Emanuele ha dimenticato di staccare il cavo dell'airbag e... bum!
La prima cartuccia di scorta è andata!!



A dispetto di quanto programmato nei mesi precedenti, prima variazione di programma. Dovevamo passare per la Cappadocia ma  sul traghetto abbiamo iniziato a ragionare e,  dopo aver fatto alcune valutazioni,  siamo giunti alla conclusione che la Cappadocia merita un viaggio a sé;  quindi la decisione di attraversare la Turchia in maniera veloce.

Il mattino seguente, dopo una abbondante colazione, siamo ripartiti verso la frontiera,



Pratiche doganali ultra veloci e via direzione  Bosforo, quindi Istanbul.  In lontananza le nuvole ci facevano già capire che tempo avremmo trovato , ma una volta raggiunti i sobborghi della megalopoli  (14 milioni di abitanti)  il tempo ci ha stupiti con effetti speciali: acqua a catinelle?  no a vasche da bagno!  A quel punto la visita programmata nella città è saltata, ed abbiamo proseguito sperando di uscire presto dalla preturbazione




Dopo aver superato il Bosforo siamo ufficialmente in Asia.  L' attraversamento del ponte e della città  è stato tormentato oltre che dalla pioggia, da un traffico allucinante.  Il problema maggiore è che la guida dei Turchi è, per così dire, “creativa” e va interpretata.  In  un  momento di pioggia più intensa, ci siamo fermati approfittando del riparo di un ponte, con noi si è fermato un agente della stradale, in moto anche lui.  Con mio sommo piacere abbiamo scoperto che la polizia locale ha in dotazione le Honda Varadero ed anche  dello stesso colore della mia!


 




La tappa prosegue fino a Gerede, siamo a 1400m.s.l.m.  La gente del posto, con cui abbiamo parlato, ci ha spiegato che ci troviamo in una località montana dove i turchi in inverno vanno  per sciare. Sarà, ma  cartelli che indicano impianti di risalita non ne abbiamo visti. L'albergo dove ci siamo fermati  si chiama Hotel Esentepe .
Dopo tutta la pioggia presa ci siamo fatti una mega doccia bollente e abbiam mangiato come leoni!!





La  cameriera è rimasta stupita dalla fame che avevamo.  La mattina,  prima di partire, Luca ed Emanuele hanno sostituito il cavo frizione della moto di Luca,  niente di particolare, lavoro veloce e comunque sono imprevisti che possono capitare!




Per il confine  con la Georgia mancavano ancora 1092 km.  Giove pluvio si era talmente affezionato a noi che, per i due giorni seguenti, non ci ha abbandonato se non in maniera sporadica, giusto il tempo di farci togliere le tute antipioggia,  dandoci l'impressione che il peggio fosse passato ma obbligandoci a rimetterle una mezz'ora dopo... togli la cera metti la cera...  



 Le strade della Turchia, che abbiamo percorso, sono in ottime condizioni, si snodano su un altopiano che offre panorami stupendi.   Il problema è la presenza della polizia con gli autovelox.
I "malandrini" piazzano una macchina civetta parcheggiata contromano in corsia di emergenza, all'interno c'è l'autovelox e un poliziotto.

Poco dopo si trova il posto di blocco: una riduzione di corsie fatta con i birilli, dove c'è la pattuglia che ferma i mezzi segnalati poco prima dal loro collega.  La macchina civetta  parcheggiata contromano non è una costante, a volte li abbiamo notati nel giusto senso di marcia, ma sempre con “l'attrezzo infernale “ ben piazzato!




 La polizia turca  ci ha  fermati una sola volta,   più per la curiosità che per la velocità.   La media totale di marcia che abbiamo tenuto  (secondo il navigatore) è stata  di 63 km.h sui 9000 km. totali percorsi. Anzi  in Turchia, la velocità  era ridotta,  considerando anche il costo della benzina che, a volte, era superiore a quella italiana.
Dalle 8.30 del mattino 571 km.percorsi in nove  ore con due di soste.       





Pur essendo una tappa di trasferimento, riusciamo a far amicizie nuove.  Al distributore un ragazzo turco con un Varadero si è avvicinato a guardare le moto e a fraternizzare ;  è stato un attimo, alla fine noi gli abbiamo dato un paio dei vecchi stemmi dei Vigili del fuoco e lui si è staccato dal giacchetto lo stemma del locale Motoclub Varadero per regalarcelo.  Indovinate chi lo ha preso?  :-) 

Si prosegue.  Ore 18.00 arriviamo a Ordu, sul Mar Nero. Volevamo avvicinarci di più al confine georgiano,  ma  va benissimo anche così;  non era una gara e, anche fosse stata, eravamo in anticipo rispetto al programma.

  Troviamo un hotel con  piscina e centro benessere, tutto a 60€ in tre.  Emanuele è ufficialmente il nostro” negoziatore”,  snerva a tal punto i gestori d’albergo che abbassano i prezzi pur di non sentirlo più parlare.                          

I bagagli di un motociclista sono pochi e concentrati, ma quei pochi pesano dannatamente tanto che il facchino dell'albergo  (e forse anche il suo ortopedico)  questo particolare lo ricorderà a vita:  è arrivato davanti alla porta della camera rosso in viso come il fuoco. Aveva  la mia borsa stagna e quella di Luca  appoggiate sulle spalle e con le mani portava le rispettive borse da serbatoio.  Volevo fargli una foto ma, vedendo un lampo di odio nei suoi occhi, ho preferito lasciar perdere.
Il resto della serata lo abbiamo trascorso scaricando le foto, i  video e le tracce del navigatore Proprio durante questa operazione mi sono reso conto di aver superato il meridiano di Kerson e il suo “stramaledetto” incrocio!      Finiti i doveri siamo passati al “cazzeggio” come si può vedere.



Sveglia alle 7.00.  Come da copione, si richiude nelle borse quello che per i prossimi giorni sarà casa nostra , ci rimettiamo l'abbigliamento tecnico e... "andiamo"  Emanuele dà inizio a quello che per tutto il mese sarà un supplizio mattutino... andiamo? andiamo? ancora non hai fatto?
Partiamo e lungo la strada ci fermiamo sotto il cartello di Trebisonda per fare una foto da mandare ad un nostro amico, Danilo Fiorucci,  che, a Perugia, ha fondato,in collaborazione con altre persone il Centro per l’Arte Contemporanea Trebisonda


Tra uno scroscio d'acqua e un timido sole, costeggiando il mar Nero,  arriviamo alla frontiera con la Georgia.  Saltiamo a piedi ( ruote) pari la fila degli autotreni e ci mettiamo davanti alla sbarra in attesa che il militare preposto ci faccia entrare.
  Le formalità doganali sono state veloci e  senza contrattempi.  Durante la breve attesa abbiamo  conosciuto quattro bikers turco- australiani: Emanuele, che potrebbe fraternizzare anche con un palo della luce, ha chiesto  loro da dove venivano e dove andavano e ci  hanno spiegato che stanno girando parte dell’Asia  con le loro moto. Da australiani hanno avuto qualche problema per ottenere i visti per la Georgia ma avrebbero aggirato l’ostacolo mostrando il passaporto turco. Dicevano, inoltre, che si erano pentiti di aver portato le loro moto in quanto, prendendole in affitto, la spesa sarebbe stata molto inferiore. Dopo un po’ di chiacchiere siamo stati richiamati all'ordine da un addetto alla frontiera che, con due urlacci, ci ha fatto proseguire.

In Georgia l'assicurazione non è obbligatoria e  non siamo riusciti a capire come fanno in caso di incidente stradale . Di fatto non abbiamo trovato alcun luogo o ufficio, abbiamo invece incontrato  molti "ambulanti" che vendevano di tutto e molti curiosi,  intorno alle moto, che guardavano e facevano sempre le stesse domande: da dove venite? dove andate? che velocità raggiunge la moto? quanto costa?  Poi a seconda del curioso di turno potevano aggiungere domande specifiche su telecamera, navigatore, taniche della benzina o gli adesivi attaccati sulle borse. (Questa situazione si ripeterà per tutte le prossime frontiere che incontreremo e durante le soste lungo il percorso, con la variante che in Uzbekistan mettono la mano sulla manopola del gas e accelerano, ma questo lo dirò più avanti!)
Tutta questa confusione intorno,  ci ha spiazzato  un momento e, dopo aver dato una rapida occhiata ai vari botteghini presenti, abbiamo proseguito pensando di trovare un posto in città per l’assicurazione.
Accompagnati dalla nostra amica pioggia, arriviamo a Batumi, 







Questa rappresenta l'elica del DNA, ci sono anche le lettere dell'alfabeto georgiano

All'apparenza sembra una bella città, ordinata e pulita, almeno la parte centrale:  ciò che salta all'occhio è che in terra non ci sono né cartacce né cicche di sigarette e la gente cammina tranquilla e rilassata!
 La periferia  è come in gran parte delle città del mondo: " a sviluppo casuale" , qui bisogna aggiungere  le costruzioni in stile ex- unione sovietica.  Di bello ci sono solo larghi vialoni!

 

Una sola notte di permanenza non ti premette di capire molto di quello che vedi, ma se la prima impressione è quella che conta…
A cena risotto Knoor cotto” romanticamente” sulla terrazza della camera! 




Solita sveglia, solita ansia, "andiamo?".  Dopo aver fatto colazione,  cartina alla mano chiediamo se la strada, che abbiamo segnato la sera prima,  è percorribile.  La signora della reception,  molto gentilmente,  fa un paio di telefonate -non sappiamo a chi, forse l'equivalente della nostra ANAS- e ci dice:
 "the road is open, good road

Bene, vuol dire che riusciremo a evitare di percorrere  ulteriori chilometri e così,  con il tempo risparmiato,  entreremo in Armenia.
Caricate le moto, partiamo lasciandoci alle spalle il mar Nero, Batumi e l'assicurazione che non siamo riusciti a fare.


Inizialmente la strada sembra la pista giochi dei motociclisti. Percorriamo una sorta di pedemontana: una striscia di asfalto che si snoda lungo il percorso di un fiume, sempre con gli occhi ben aperti e la massima attenzione.  Non abbiamo l'assicurazione RCA e oltre lo stile di guida dei locali bisogna aggiungere la presenza degli animali al pascolo sul bordo strada.  Un "fenomeno" ,con un fuoristrada,  ci ha sorpassati come un missile e dopo quattro  curve lo abbiamo ritrovato fermo che raccoglieva lo stemma anteriore della macchina, staccatosi dopo aver "tamponato" un vitello che attraversava la strada.
In lontananza si vedono le cime dei monti ancora innevate;  sappiamo benissimo che dovremo salire fino a 2100 m.s.l.m., ma le condizioni della strada che percorriamo ci fanno ben sperare sui tempi di percorrenza!
Vuoi vedere che la signora dell’ albergo aveva ragione? 

 


Purtroppo  le illusioni  iniziano a svanire con il diminuire dell'asfalto, l'aumentare delle buche e degli animali al pascolo!




Procediamo riducendo l'andatura.  Non è una strada impossibile da percorrere,  ma è impegnativa, specialmente per il tipo di moto che abbiamo noi.
Paradossalmente la mia, che è la più pesante, è la più gestibile grazie alle gomme montate (Heidenau K60) e la sua altezza da terra;  Emanuele e Luca, con le gomme VStrom, rischiano di battere il paracoppa nei tratti peggiori.
Quello che mi fa riflettere sono i piccoli centri abitati situati lungo questo tratto di strada, lontani da qualsiasi  comodità.  Molte di queste abitazioni sono coperte con l'eternit e chi ci vive,  nell'arco dell'anno passa dalla neve (tanta)  al fango fino alla polvere quando è asciutto.  L'unico segno di modernità sono le parabole per la tv satellitare.




Dopo circa 40 km arrivo per primo al valico, sono a poco più di 2000 m. s.l.m.  Mentre aspetto gli altri vedo arrivare una macchina di cui,  a causa del  fango attaccato ,  a stento ne intuisco il colore e il tipo.
Si ferma, e si affaccia una ragazza che mi fa.: "Ciao, italiano?"  Sì rispondo io e aggiungo:  parli bene l'italiano, "Siamo italiani anche noi" replica la ragazza, "viviamo e lavoriamo a Mosca, siamo qui in vacanza".     
Piccolo il mondo!  Dopo aver parlato un po’ del nostro viaggio e del loro lavoro a Mosca,  al ragazzo che guidava ho chiesto in che condizione fosse la strada che riscendeva a valle.  Ha risposto dicendo che era molto impegnativa  per una macchina, ma le moto non avrebbero avuto problemi; a sua volta mi ha chiesto del tratto appena percorso... gli ho risposto "In bocca al lupo" 
Sono ripartiti.  Lui con lo sguardo terrorizzato e lei che rideva divertita! 
   Effettivamente la discesa è stata meno impegnativa della salita anche se, dopo un guado, mi sono appoggiato al monte con la Cicciona!  Colpa mia, della stanchezza e del nervosismo! 
Come ho già scritto ci sono voluti più di 2000 km per scacciare le paure e i fantasmi del 1 maggio 2014!      
e se per qualcuno questa strada potrebbe essere una passeggiata, io l'ho fatta come un gatto chiuso in un sacco, ma è servita tantissimo!
 

 








Una volta a valle ci siamo fermati a pranzo utilizzando come spazio- cucina una fermata dei bus.





Effettivamente la "good road"  si è rivelata una bella strada e una bella esperienza da fare,  ma ci ha portato via troppo tempo, per cui la visita in Armenia è svanita dal programma.  Sarebbe stato solo moto, moto, moto,  nella capitale. Nemmeno un giorno di sosta.


Dopo pranzo abbiamo proseguito tra scenari bellissimi in direzione  di Akalkalaki dove abbiamo trovato un "Hotel" molto turistico!
OVVIAMENTE questo non è l'hotel!!




Il  "negoziatore" è riuscito a strappare un prezzo stracciato: 15€  in tre per una notte!

La sera abbiamo cucinato il solito risotto in camera;  al mattino  il rito dell’ “ italico” caffè che abbiamo offerto anche alla signora,  gestore di questa sorta di hotel!




L'indomani mattina. usciti per caricare le moto, ci siamo resi conto di essere a 1700 m.s.l.m.,  considerando che alle 9.00  il termometro segnava ancora -2 . Durante la notte la temperatura era scesa sotto lo zero di diversi gradi.



Accese le moto per scaldarne i motori; sotto la mia inizio a vedere una minacciosa chiazza scura proprio sotto il lato dell'incidente :  tocco… annuso… liquido del radiatore... ok panico.


 Per la cabala era il settimo giorno di viaggio, l'anno prima il settimo giorno era stato pure l'ultimo... Al diavolo la cabala!  tiriamo via la carena e vediamo che tipo di danno è successo.

Mentalmente stavo ripassando tutti gli attrezzi e  gli accessori vari che mi ero portato;  ma fortunatamente, una volta scoperto il radiatore, ci siamo resi conto che era solo la fascetta del manicotto che, per qualche oscuro motivo, aveva deciso di perdere.

Aggiunta  una fascetta  il problema si è risolto. 











Rimontiamo tutto, ricarico la Cicciona e Emanuele dice: "ferma tutto che perde pure la mia",  stesso problema.   Amletico dubbio: sarà stata mica la signora dell'hotel che, per non farci andare via, ha sabotato le moto?

Alla fine,  grazie ad un’ altra fascetta,  sistemiamo tutto e ripartiamo alla volta di Tiblisi,  In Armenia, anche se ne avessimo avuto una mezza idea, non ci saremmo potuti più andare poiché anche questo contrattempo ci ha fatto posticipato la partenza.

 Partiamo direzione Tiblisi ma almeno una foto  al cartello per l'Armenia la facciamo.. 




 




La strada sui 2100 m.s.l.m. dell'altopiano è scorsa via tra i soliti panorami in tecnicolor. Il vento freddo ci spostava come foglie secche,  paesi lungo la via con i loro cimiteri a bordo strada, migliaia  di animali al pascolo,  bambini che al nostro passaggio salutavano ridendo e un paio di soste.                                                         








Tiblisi..


L'arrivo nella capitale georgiana è stato un tantino caotico.  Dopo tutta la strada  percorsa in assenza di traffico, ci siamo ritrovati in un ingorgo causato da un cantiere dove gli automezzi passavano ovunque.  Superato il primo momento di smarrimento  ci siamo adeguati al passo delle vetture e siamo andati a cercare un albergo degno di essere chiamato tale, pur mantenendo uno standard medio basso.



Il giorno seguente abbiamo fatto i turisti




Tiblisi è  una bella città  ricca di vita e ben tenuta,  nella parte vecchia, alcuni edifici  portano ancora i segni del forte terremoto che l'ha colpita qualche anno fa.  In generale è pulita e tranquilla, dove riescono a convivere, senza problemi, le tre principali religioni  monoteiste.


Abbiamo fatto anche un giretto in metropolitana!























Anche se la Georgia meriterebbe di essere visitata meglio , è tempo di ripartire.   Ci lasciamo Tiblisi alle spalle uscendo dalla città in direzione nord-est  alla volta della famosa strada militare che porta alla frontiera con la Grande Madre Russia.
 Una volta fuori dalla città  e dalla sua immediata periferia, ecco riapparire i villaggi di pastori e contadini, che vivono la loro "povertà" in modo sereno  e dignitoso.


    
Anche se strada facendo il tempo non ci assiste (strano!) gli scorci che si presentano alla nostra vista sono talmente belli e suggestivi  da farci fermare frequentemente per scattare alcune fotografie.



La strada militare  è famosa per lo scenario suggestivo e per la sua pericolosità,   strada facendo abbiamo trovato una testimonianza tangibile.



Una volta superato il  valico si trovano le gallerie.  In ingresso e in uscita ci sono griglie per lo scolo dell'acqua;  passarci sopra in moto è una sensazione unica!  tipo gatto attaccato...! Oltre le griglie da prendere in diagonale, bisogna fare attenzione a chi viene in senso opposto, in genere intento ad evitare buche.
                                         



Giunti alla frontiera, l'uscita dalla Georgia è stata velocissima, giusto il tempo di fare ciao ciao con la manina.  L'ingresso in Russia ci preoccupava un po’, soprattutto dopo aver letto, nei vari forum, di gente che ha avuto non pochi problemi per attraversarla.
Superata tutta la fila dei camion, un militare ci ha controllato i documenti e ci ha fatto entrare. Fermate le moto in una zona tranquilla, siamo entrati in un ufficio pieno di gente che riempiva dei moduli, appoggiata in ogni angolo libero.  Un impiegato ci ha indicato dei fogli al lato del bancone, gli stessi moduli che stavano compilando tutti gli altri,  rigorosamente scritti in russo,  ma... tranquilli, ci sono gli esempi affissi sulle pareti, tradotti in varie lingue (no, l'italiano non c'è) ma non è una operazione complicata; inoltre c'è sempre qualcuno disposto ad aiutarti.
Consegnati i moduli, controllati i visti sui passaporti, ci hanno fatti uscire fuori per il controllo delle moto.  A noi tre  è toccata una donna che, indicando il bagaglio da aprire, dava una rapida occhiata e con una sorta  di mugugno faceva intendere che andava bene e potevamo richiudere.  Ho notato un sorrisetto ironico sotto i baffi: sembrava quasi che si stesse divertendo facendoci aprire i bagagli più scomodi!  Dopo questo  veloce controllo ci fanno cenno di accomodarci all'uscita, anzi no, all'entrata della Madre Russia.  La prossima tappa è Vladikavkaz  (Dominatrice del Caucaso) 





Arriviamo in città, neanche a dirlo, sotto l'acqua.  Ci mettiamo alla ricerca del solito hotel a buon mercato e riusciamo a trovarne uno veramente a buon prezzo, di chiara derivazione ex- URSS, ma dotato di tutti i confort.  

Dopo esserci sistemati e docciati, usciamo per una ricognizione "alimentare" e ci rendiamo conto che proprio in quei giorni i Russi  festeggiano i settanta anni della sconfitta del nazismo.    la città è tutta addobbata ed è piacevole, nonostante la pioggia, partecipare ai festeggiamenti; c'è molta  gente in giro che canta e  ride di gusto. 
Dopo aver girovagato tra la folla, con un  perfetto stile da turista italiano, ci siamo rintanati in una sorta  di pizzeria, la famosissima  "Pizza Italia" dove abbiamo ordinato tre pizze, come farebbe qualsiasi italiano  in pizzeria.

La cameriera, che parlava solo russo, ha farfugliato qualcosa riguardo al menù e, vedendo che noi avevamo più fame che intenzione di capire, è andata a chiedere aiuto in cucina da dove è tornata poco dopo in compagnia del cuoco il quale, con un perfetto inglese, ci ha fatto capire che le pizze erano molto grosse e se eravamo sicuri di volerne tre. Che razza di domanda fai? con la fame che abbiamo certo che siamo sicuri!   Alla fine erano sì grosse ma non così tanto da non riuscire a finirle